Yoga Sutra: la conoscenza dell’Essere

Gli yoga sutra sono un testo sintetico e compatto costituito da 195 aforismi. Sono stati scritti dopo un lungo periodo di trasmissione orale da Patanjali. Per secoli gli aforismi sono stati tramandati da maestro ad allievo in forma di canti la loro particolare cadenza e ritmicità è legata proprio a questo il fatto che dovevano essere apprese memoria e salmodiati. Nella loro forma scritta i Sutra non hanno una datazione precisa ma si fanno risalire a un periodo compreso tra il II secolo avanti Cristo e il quarto secolo dopo Cristo. La straordinarietà degli yoga sutra la si scopre praticando. Raccontano di una trasformazione interiore del fatto che gli esseri umani si confrontano con domande che permangono immutate nei secoli. Chi sono Io? Yoga sutra sono un testo visione, la descrizione di un processo di una trasformazione interiore di cui viene data testimonianza. Le affermazioni dei Sutra sono espressione di un vissuto che siamo invitati a sperimentare a nostra volta in modo diretto attraverso la pratica. Gli aforismi che compongono questo antico testo rivelano l’esistenza e affinano la capacità di accedere a uno stato dell’Essere. In rapporto al vissuto interiore di ciascuno, per ogni domanda, si scoprono risposte corrispondenti a differenti livelli di consapevolezza. Grazie alla pratica, ogni singola parola dei Sutra può rivelare contenuti ben più ricchi e profondi di quelli derivanti da una mera traduzione.

Gli yoga sutra sono un testo vivente, lo si scopre praticando. Per questo, se cercassimo di comprendere gli yoga Sutra limitandoci a un’analisi testuale li troveremmo misteriosi quasi inaccessibili. Quando però ci si confronta con gli aforismi di Patanjali dal punto di vista del vissuto, delle esperienze sul tappetino, con curiosità e attenzione, gradualmente il testo comincia a rivelare il suo significato profondo. Ma di cosa trattano fondamentalmente gli yoga sutra?

Raccontano di una trasformazione interiore, del fatto che gli esseri umani si confrontano con domande che permangono immutate nei secoli. Domande che hanno attinenza con il fatto che siamo esseri che dispongono di una facoltà di coscienza. Ci rendiamo conto, abbiamo la facoltà di essere coscienti, consapevoli di ciò che sperimentiamo. Non c’è piacere o sofferenza di cui non sia dato accorgersi. Il fatto di potersi accorgere degli eventi, di poter ascoltare, essere consapevoli, rivela che in alcuni momenti della nostra vita sembriamo svegli, partecipi, ci siamo, mentre in altri siamo assenti, agiamo come automi, non siamo in noi.

Ognuno di noi parte dalla propria storia personale fatta di abitudini, esperienze, condizionamenti, certezze, conoscenze, abilità. In ogni percorso interiore il primo passo è osservare sé stessi, riconoscersi per come si è. Stupirsi nell’osservare come spesso si avanzi ricalcando le stesse memoria del passato e sebbene anche percorrere territori no ti possa provocare disagio, tedio, senso di soffocamento, ci si ritrova talvolta preferire la sofferenza all’ignoto, a ciò che potrebbe scaturire dal non conoscere, fosse anche felicita’. La trasformazione interiore accade quando ci liberiamo da questi condizionamenti, quando non ci sentiamo più imprigionati nelle maglie del passato, nelle memorie, nei pensieri e nelle emozioni che ci attraversano ma ci lasciamo attraversare da ciò che siamo, da ciò che è. Solo ciò che è può essere trasformato, non è possibile trasformare ciò che non esiste. Per questo tutto il processo dello Yoga accade attraverso mezzi per la conoscenza e la consapevolezza di sé. Del Sé.

Conoscere sé stessi prevede il coraggio di essere sé stessi. Essere non è il contrario di qualcosa, l’essere non ha bisogno dell’opposizione per affermarsi, per esistere. Siamo abituati a definire i gradi della nostra libertà in relazione a un livello di coscienza che funziona per contrapposizioni, per opposizioni. Ecco che, per esempio, un apprezzamento negativo ci fa sentire depressi o irritati. Il come ci sentiamo è molto spesso la semplice reazione a uno stimolo, un evento, uno scambio verbale. La libertà interiore è intimamente connessa alla nostra reattività. Il nostro modo di agire e il nostro modo in cui ci percepiamo e grazie al quale costruiamo l’immagine di noi stessi opera sempre, o quasi, per contrasti, per contrapposizione, per opposizioni. Al contrario, siamo quando riusciamo a vivere la consapevolezza dell’essere ora. Per questo il processo dello yoga diventa un percorso per passare da una modalità reattiva ad una modalità agente, attraverso un ascolto consapevole si rimane stabili in un osservazione cosciente ci ciò che ci accade senza più essere attratti dalla dispersione del complesso mentale é, tanto meno dagli opposti. Ci permette di ritrovare il nostro centro. Non c’è nulla da trovare, nulla da raggiungere, semplicemente essere ciò che già è lì. Dentro ad ognuno di noi.

Per questo seguire la il filo dello yoga diventa una felice opportunità.

Esiste la possibilità di divenire consapevoli, coscienti di azioni, pensieri, come di un’infinità di elementi da cui siamo continuamente toccati, permeati, pervasi. Per ognuno è possibile sperimentare la consapevolezza del pensare, del provare un’emozione, del parlare. Attraverso la pratica, lo dicono i testi e lo conferma in vari modi l’esperienza, ci si accorge che non solo siamo coscienti, Ma che lo siamo secondo una certa organizzazione interiore. La coscienza sembra essere organizzata secondo particolare modelli. Il primo passo e osservare come diventiamo coscienti delle cose. Ognuno di noi si accorge, recepisce, interpreta, elabora, organizza le informazioni che la realtà gli porta, secondo una serie di connessione, secondo un ordine che normalmente non viene rilevato. Tutte queste concatenazioni si realizzano con grande rapidità immediatezza, e tutto sembra talmente ovvio che nessuno tende a distinguere la percezione di una cosa dalla sua elaborazione, né ad osservare come ogni particolare segnale o avvenimento venga adattato al proprio personale bisogno. La maggior parte degli stimoli sensoriali che mettiamo nel corso della giornata viene registrato in modo da utilizzare soprattutto gli stimoli che tornano più utili. Questo è di norma in modo attraverso cui la nostra coscienza si organizza. Il nostro modo di diventare coscienti non è neutro talvolta non vogliamo vedere determinate cose, altre cose sono invece continuamente ricercate, le vogliamo vedere ovunque. Ognuno di noi ha propri punti di riferimento e quindi, nella relazione con la realtà, è proprio a questi punti che si indirizza in modo particolare. Il nostro sguardo manifesta una propensione recuperare determinati costanti della realtà. Questo implica una perdita di libertà, nel senso che nelle nostre relazione rimaniamo notevolmente condizionati dai nostri personali attaccamenti, nostro bisogno di rassicurazione, di certezze di consuetudini. Si finisce per chiamare realtà una realtà adattata alla nostra misura, una realtà che, tutto sommato, si potrebbe definire asservita. Lo Yoga ci sfida inanzitutto a scoprire che le possibilità di attenzione di consapevolezza che utilizziamo non coprono che parte del nostro potenziale di coscienzaa. Siamo abituata a funzionare spinti da convenzioni, prestiamo attenzione e percepiamo secondo abitudini che soddisfano solo parzialmente le potenzialità della nostra coscienza.

La vera sfida si trova nella capacità di ascoltare. La capacità di ascoltare sembra essere l’unico strumento significativo a nostra disposizione. Ma ascoltare cosa? Innanzitutto come le cose avvengono normalmente in noi. Non c’è chiesto di essere in un modo particolare, di essere altro da ciò che siamo. Del resto, non sapremmo come essere altro di ciò che già siamo. Nel senso che se siamo insoddisfatti di noi, ciò che vogliamo essere speso soltanto una proiezione del nostro scontento, una reazione a ciò che non ci soddisfa. E questo non conduce lontano. Percepire, riconoscere, ascoltare ciò che avviene in noi può suscitare importanti interrogativi. Appena si comincia a praticare ci si rende conto che mettersi in una posizione d’ascolto non è poi così facile. In breve tempo ci accorgiamo che l’ascolto è saltellante, impreciso, ora c’è, ora non c’è che non è neutro ma reattivo, invasivo, giudica. Man mano che pratichiamo, tuttavia, si palesa anche la nostra capacità di riconoscere le percezione e il loro manifestarsi, man mano che appaiono.

Diventa quindi importante l’ascolto e il corpo. La pratica dello Yoga invita a stabilire una relazione con noi stessi, a scoprire come siamo e di conseguenza ad accettarci per come siamo, cosa forse ancora più difficile. Questi momenti sono importanti nella pratica perché possiamo scoprire come il corpo, in determinate circostanze, se è libero di non seguire schemi acquisiti.

Ci accorgiamo che possiamo agire altrimenti, che spazi ricchi di scoperte, di possibilità, si sono aperti, e lo stupore nell’eseguire un gesto inatteso segna interiormente una differenza. Il corpo non potrebbe agire in modo diverso se interiormente non si aprisse uno spazio che consente al cambiamento. Se dentro di noi dovessimo permanere il vecchio ordine, e sistema nervoso continuerebbe a veicolare le medesime modalità e impulsi il corpo non avrebbe modo di esprimersi in maniera diversa. Possiamo dire che ascoltando si impara ad ascoltare. Inizialmente ci si chiede come devo ascoltare? E bene, sorprendentemente la risposta ci viene offerta proprio dall’ascolto. Più ci si cura della qualità della relazione più la qualità della relazione va chiudendosi.

E finché non vi è possibilità di avere coscienza di ciò che si è automaticamente, c’è immedesimazione con gli schemi assunti. Per questo conoscere e vivere pienamente questi condizionamenti in pieno corpo attraverso lo yoga porta ad aprirsi al nuovo e sentirsi finalmente liberi. Liberi essere.

Si avverte l’esigenza di un cambiamento poiché nessuno è mai pienamente soddisfatto del proprio stato. Sentiamo che c’è ancora spazio per migliorare, per evolvere. Ascoltare significa stabilire consapevolmente una relazione intelligente con le cose, attivare la nostra capacità di recepire gli eventi. È una potenzialità che esiste in tutti Il problema non è la mancanza di attenzione, questa non manca mai punto in realtà non è dato fare a meno di questo contatto con la realtà che fluisce continuamente, come respiro. Il vero problema è che l’oggetto della nostra attenzione è in in continua modificazione. Mentre ascoltiamo, gli oggetti della nostra attenzione si avvicendano continuamente, quasi fuori dal nostro controllo vogliamo prestare attenzione a qualcosa ma la mente fugge, tratta dalla infine associazioni che le immagini, le parole, gli eventi costantemente attivano. Necessitiamo di un processo che renda stabili le modificazioni del complesso mentale. YOGA CHITTAVRTTINIRODHA. E tutto il processo della pratica yoga non può che essere attivato dell’ascolto. Dal portare la nostra attenzione su un oggetto alla volta. Il corpo ASANA, il respiro PRANAYAMA e la mente DHARANA DHYANA. Questo produce un raccoglimento della dispersione dei sensi PRATYAHARA sino ad un senso di totale unità e aggiungerei di unicità, SAMADHI, enstasi.

QUESTO PROCESSO INIZIA DAL CORPO

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